14 Luglio - 12 Settembre 2004 :

COMPLESSO MONUMENTALE DI SAN NICOLO' E VIA DELLE MURELLE
- SPOLETO -
INAUGURAZIONE: Sabato 24 luglio 2004 alle ore 18.00 nel Complesso Monum. San Nicolò
Presentazione a cura del Prof.
Duccio TROMBADORI - critico d'arte;
Intervento di Tiziana AGOSTINI -Presidente Comm. Cultura di Venazia

CATALOGO SPOLETO
CATALOGO MOSTRA €35,00
 

Architetture del paesaggio archetipi della vita: Augusto Murer vent'anni dopo
(Testo a cura di TIZIANA AGOSTINI)

Guardai: ero più in alto delle nuvole;
e già l'Athos e l'Olimpo mi parvero meno incredibili,
vedendo in un monte di minor fama
ciò che di quelli avevo udito e letto.
Quindi rivolsi gli sguardi dove tende il mio affetto,
cioè verso le regioni d'Italia
(F. Petrarca, Epistole familiari, IV, 1
)

Sono trascorsi quasi vent'anni dalla morte di Augusto Murer e quasi un lustro dalla conclusione del Novecento di tragedie e di speranze: abbiamo intersecato questi due tempi per comprendere quanto dalla risacca della storia sia stato portato inesorabilmente via e quanto invece da accadimento si sia fatto memoria da tramandare. Sicuramente il divenire dei giorni e l'anelito costante a trascenderli in sostanza ideale costituiscono il tratto più importante della vicenda umana ed artistica dello scultore di Falcade.
Istintivamente conosceva la materia prima del suo lavoro, il legno, in quanto artigiano della montagna erede di saperi consolidati in una cultura funzionale a vivere ed esprimere un luogo, ma il suo talento e la sua passione lo portarono oltre le montagne ancora giovane, a formarsi nella veneziana patria dell'arte e a scoprire dall'incontro con Arturo Martini la scultura come valore universale. Egli ben presto comprese che l'arte ha dentro di sé una sostanza utopica, un possibile che non ha ancora avuto modo di realizzarsi, ma che si annida nel presente, nel tronco ancora da scolpire, nella creta che attende una figura.
La bellezza comincia per Murer a risiedere nella capacità consapevole di conservare la propria storia e andare incontro al proprio destino fino a sublimarlo. È una lezione, questa, che ha ricavato dalla sua gente, di cui conosce la fatica di abitare un luogo per sua natura non facile. La vede da minatore forare le montagne, da pastore salire in cerca di fazzoletti verdi per il gregge, spaccare legna e falciare fieno per l'inverno. E poi vede le madri, creature amorevoli e costantemente presenti nella vita dei figli, che generano e accudiscono, a cui provvedono mentre gli uomini sono lontani, in cerca di lavoro fuori della valle, assenti per mesi o per esistenze intere. La prima scultura di Murer è un canto corale, fatto di queste persone, pannelli descrittivi di antica memoria, come nelle facciate didattiche delle chiese gotiche. Anche le sue prime forme hanno questo carattere arcaico, di figure piene nei loro tratti essenziali, evocanti una società dei semplici eternamente presente.

Inaugurazione Inaugurazione
INAUGURAZIONE (da sinistra)
Dir Musei Spoleto: Lamberto Gentili,
Critico d'arte: Duccio Trombadori,
Massimo Brunini Sindaco di Spoleto,
Pres Comm Cult. di Venezia: Tiziana Agostini,
Vice-Sindaco Giovanni Maria Casstellana.
Spoleto:
Tiziana Agostini,
Duccio Tombadori,
Pino Martino
e Franco Murer
Pastore in bronzo esposto
in Via Delle Murelle
(SPOLETO)

Un'arte che accompagna la gente, inquadrata orizzontalmente, perché la fatica del vivere non ha gerarchie, ma solo dedizione generosa. Portando i semplici nella sua arte egli li rende finalmente protagonisti di un riscatto personale e di un riscatto sociale, soggetti del tempo e della storia.
Già questi elementi rendono l'opera di Murer necessaria nella nostra bisaccia di viaggiatori del terzo millennio, perché la centralità della persona, insopprimibile nella sua unicità e dunque in quanto tale valore assoluto da salvaguardare, finisce troppo spesso col trasformarsi nell'egotismo sfrenato della società dei consumi o subire una deriva valoriale, dove alcune esistenze sembrano valere più di altre in nome di un individualismo estremo.
Nelle sculture di Murer parla il suo protagonismo di artista, ma le sue parole sono quelle di chi nella società e nella storia non fa notizia e non va sui libri.
La sua capacità di sentire il dolore, di trascenderlo in modo plastico, è divenuta particolarmente intensa quando è stato chiamato a dare forma al dolore e alla tragedia della guerra e alla lotta per la libertà, rappresentata in Italia dalla stagione della Resistenza e dell'esperienza partigiana. È per questo che molte città lo hanno invitato a realizzare per loro un'opera pubblica con funzione civile, perché desse voce alla sofferenza e al riscatto, per realizzare una sintassi di pietra e di bronzo. La sua capacità espressiva gli derivava anche dalla personale esperienza, che gli aveva fatto vivere direttamente la seconda guerra mondiale, la brutalità nazista della morte e della deportazione e l'eroismo dei partigiani delle montagne bellunesi.
La statuaria commemorativa di Augusto, di grande intensità e suggestione, come il monumento alla partigiana di Venezia, affondata nell'acqua, ma non vinta, si inserisce nei luoghi dove viene messa a dimora cambiandoli con la forza della storia e della verità materializzata nelle forme. Da queste opere traspare l'anelito incontenibile alla libertà, che neppure il più crudele carnefice può sopprimere, seppure ha cancellato l'umana esistenza della sua vittima.
Il carattere "popolare" di Murer costituisce però solo un aspetto, anche se centrale, della sua attività, e non restituisce appieno il senso e la qualità della sua ricerca artistica.

F.Murer e Trombadori
Dorso di Donna T.Agostini e D.Trombadori
D. Trombadori e F. Murer Esposizione Via Delle Murelle

Uomo della montagna per nascita, uomo del popolo per scelta, desideroso come in una ascensione di superare la grevità della materia, metafora della grevità della vita, in una leggerezza del risultato espressivo, similitudine dell'ascesa spirituale e del riscatto esistenziale. Anche nei suoi disegni i tratti del carboncino sono colpi d'ascia che tolgono dalla realtà la sua pesantezza alleggerendola nelle forme dell'espressività estetica. Quella di Murer è infatti una attività maieutica di socratica memoria, è la tecnica della levatrice che scava per portar fuori la vita.
Scavare, togliere dall'informe oscurità l'eccedenza e scoprire il bello che dentro vi dimorava, come nei legni che la natura ha prodotto e che la mano dell'artista ha trasformato in prodotto di cultura, prodotti cioè dell'ingegno che dà forma e rappresenta il mondo.
La sua arte ha un carattere ctonio, nasce dall'oscurità della vita, che è anche l'oscurità del bosco fitto, dove la luce penetra solo a fatica. Ma come dall'antro sotterraneo di Efesto usciva lo splendente scudo di Achille, dalla forgia di Augusto sono emersi i suoi bronzi, prodotti di un vulcano, sostanza magmatica che rapprendendosi riesce a conservare la potenza della natura e lo stupore del vivere.
Alla base dell'opera di Murer c'è infatti il contrasto antropologico tra natura e cultura, un contrasto combattuto con gli strumenti dell'arte, da demiurgo-stregone che dà nuova forma alle creature. Perché la sua è la forza di chi alla natura impone la storia come l'architetto Frank Lloyd Wright a una cascata imponeva una casa, né per violarla né per indulgere ad un bucolico abitare il paesaggio, ma per affermare che l'umanità con la natura deve confrontarsi con piena responsabilità.
L'arte di Augusto, riprendendo il magistero socratico prima ricordato, intende promuovere il bene per la polis, perché nell'affermare l'unicità umana, nel contempo ricorda che non è possibile un bene individuale indipendentemente dal bene della comunità. Nel bene collettivo c'è il bene dei singoli.

  Fauno Seduto  
Fauno Seduto
Via delle Murelle - SPOLETO


Dal punto di vista espressivo, se nel corso della oltre quarantennale attività di Murer si può cogliere un progressivo slanciarsi della figura umana, specie rispetto alla prima stagione giovanile che approda in fretta ad una maturità consapevole, costanti nella loro varietà si mostrano i soggetti rappresentati.
Tema realizzato in materiali e tecniche diverse è quello femminile, legato alla dimensione intima e domestica della maternità e dell'identità privata, tributo discreto e intenso alla donna quale figura centrale nella vita del figlio e della montagna. Quelle di Murer sono donne dove la lettura sacra della maternità per gli altri - di Maria madre di Cristo per l'umanità - è diventata realizzazione personale della giovane che diviene adulta grazie alla consapevolezza della vita che ha saputo generare. Madre dolce e felice, appagata della propria condizione, rappresentata nelle forme del legno scheggiato come un tetto di montagna a scandole, memoria sullo sfondo del non finito michelangiolesco, o levigato in volume imponente e girevole, rimando quasi in forma di tributo alle forme di Moore e dei cubisti di inizio novecento.
Accanto alle madri le donne, creature per una volta sottratte alla fatica quotidiana che gioiscono al sole o che si dedicano alla propria persona. Donne archetipo del bello, come nei mirabili Torsi di donna.
Creature della natura, nella loro ingenuità esistenziale sono anche i fanciulli, come l'Adolescente nel legno levigato del 1960, o nel ragazzo che racchiude tra le mani la Rondine ferita (1965), perché solo i semplici e i puri sanno accorgersi della sofferenza del mondo.
È un adolescente anche Arlecchino, raffigurato a più riprese, nelle forme acerbe di chi non è ancora adulto, ma se ne sta chiuso nella sua incertezza sospesa di chi vive il Carnevale per gli altri e non per sé, pur essendo il simbolo della gioia e della festa. Le linee incise sulla scultura a rappresentare i rombi dell'abito variopinto restituiscono un corpo in movimento, quasi che vestito e pelle si siano fusi in un tatuaggio esistenziale. Appartengono alla famiglia sognante dell'umanità anche Zingare e Ballerine, che Augusto scolpisce.
Ma accanto al sogno c'è il dolore, quello soprattutto generato dagli uomini che non hanno ascoltato il magistero della vita: l'Alpino diventa così l'esempio ideale di chi è andato alla guerra, senza abdicare alla propria umanità. Da questa idea nasce anche la sua corrispondenza di affetti e di sentire con un altro grande della montagna, Mario Rigoni Stern, che sceglierà un disegno di Murer per la copertina del suo romanzo Il sergente nella neve. Rigoni Stern, un sergente di Asiago sopravvissuto al grande inverno russo degli italiani mandati a combattere durante la Seconda Guerra mondiale, capaci di sottrarsi all'accerchiamento nel tragico combattimento di Nicolayewka, accadimento rappresentato da Murer in una forma non compiuta di legno. E male assoluto è quello generato dagli uomini con la devastante potenza delle bombe atomiche, fissato nella scultura che dedica a Hiroshima, legno rattrappito di dolore.
Anche gli animali partecipano dell'umanità mureriana e ne testimoniano i simboli positivi, come la forza generatrice del toro e l'ideale lieve e luminoso di pace della colomba. Accanto agli animali e agli uomini ci sono le creature del bosco, i fauni che Augusto ha incontrato e fermato nel bronzo, per farci sognare in questo mondo così ancorato alla realtà immediatamente evidente.
Osservare e lasciarsi prendere da una scultura di Murer è allora ritrovare la memoria di un'età dell'oro oscurata dal dolore e dalla banalità del vivere, risalire nelle epoche e nello spazio, ascendere alla sostanza ultima dell'umanità, perché Augusto, con l'espressività silenziosa dell'arte, ci ha materializzato, nelle forme del bello, gli archetipi universali della fatica, del dolore e della transitorietà della gioia, in una speranza possibile di riscatto, non al di là del mondo, ma in questo nostro tempo.

Testo a cura di:
Tiziana Agostini


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